Perdonare perché generati dal perdono dell’amore di Dio
Settembre 17, 2023L’inizio dell’anno scolastico e le prime frescure mattutine di settembre segnano con indelebile evidenza l’epilogo dell’estate e di un periodo di svago e riposo. Il lungo tempo segnato da lavoro, impegni e preoccupazioni necessita di una pausa per una forma di rigenerazione, dopo le tante spossatezze. Come per i pastori abruzzesi, ricordati dal Vate nella celebre poesia “I pastori”, è giunto il tempo per tornare alla normale routine lavorativa.
Un percorso che segna una tappa del corpo, ma anche dell’anima, dovendo ritrovare la predisposizione e la regolarità per poter ottemperare con rispetto e zelo tutti i doveri che si affacciano sul cammino della vita. Rispetto e responsabilità sono, pertanto, gli ingredienti per rendere il proprio operato virtuoso, così da creare condizioni per un benessere percepito e condiviso, che potrà diventare valore aggiunto per una crescita sostenibile. L’estate, paradossalmente, congela le preoccupazioni, procrastinandole al mese di settembre e alimentando la speranza di un tempo favorevole.
Gli eventi di questi giorni, tuttavia, ripresentano problemi antichi, spesso affrontati con superficialità e non ancora risolti. Lo sbarco dei migranti clandestini sulle coste di Lampedusa genera allarmismo; il governo studia forme di contenimento e di risoluzione del problema: prevalgono le misure forti e, spesso sanzionatorie, che non si calano nel vissuto di quanti hanno affrontato pericoli e sofferenze. Il ministro Salvini parla di «un atto di guerra, qualcosa di voluto e organizzato anche per mettere in difficoltà un governo scomodo». Si tratta di evidenze che ripropongono analisi quantitative che esulano dalla comprensione del problema e pretendono di risolvere ogni questione con la forza o con misure restrittive che, inevitabilmente, penalizzano i poveri e i sofferenti. In questi giorni, nelle sale cinematografiche, il regista Matteo Garrone, con il film “Io Capitano”, racconta la tragica Odissea dei migranti senegalesi nel Mediterraneo, ponendo in primo piano le sofferenze patite dai migranti e lo stato di sfruttamento: situazioni che non possono non coinvolgere emotivamente chi si trova a guardare questo scenario. Queste situazioni, così come la guerra e i bacini di povertà, pongono ripetuti interrogativi sul cammino dell’umanità, sempre più segnato da correnti di odio e da condizioni che alimentano il malessere e la spregiudicatezza della natura umana.
La Chiesa propone forme di negoziazione, evitando di passare attraverso le strade della morte, che sono state, invece, attraversate da nostro Signore per dare un senso nuovo alla vita dell’uomo. Le cordate di preghiera e i messaggi di papa Francesco, che inevitabilmente ripropone il motto “nessuno si salva da solo”, sono appelli veri per salvare la vita e rafforzare i sentimenti di amore e fraternità richiamati negli insegnamenti evangelici. La precarietà della vita, più volte venuta allo scoperto negli ultimi anni, il Covid-19 ne ha accentuato l’evidenza, non rallenta quelle situazioni opprimenti di odio e rancore e le forme così estreme di supponenza, pretendendo di risolvere ogni problema con la forza e la repressione. «Chi si vendica subirà la vendetta del Signore. Perdona l’offesa al tuo prossimo e per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati» (Sir 28, 1-2). Misericordiare è il verbo di Dio: fonte di salvezza, cura e guarigione che si alimenta con funzione di reciprocità.
Come il Padre è misericordioso, anche i figli devono esserlo, per rendere questa sorgente d’amore sempre viva. «Quanto il cielo è alto sulla terra, così la sua misericordia è potente su quelli che lo temono» (Sal 103-11), ripete il salmista. Il comandamento dell’amore agàpico del Signore pone le sue fondamenta sul perdono, nella relazione salvifica del dare ed avere, ravvivata dalla carità. Il perdono, tuttavia, per il cristiano, spesso è facile a dirsi, difficile ad attuare: richiede predisposizione d’animo e la grazia di Dio per poter superare quelle fonti di malessere e sofferenze subite, talvolta, con gratuità o pressapochismo. Bisogna invocare e raggiungere la condizione di grazia, per poter liberare la mente dal rivivere e rimarcare ciò che ha causato una colpa. Come Cristo sulla Croce ha offerto le sue sofferenze, invocando e ottenendo la misericordia di Dio, a tutti noi è chiesto di rinnovare questo vincolo benedicente di amore. Non esiste una misura o una quantificazione del perdono; Gesù rispose a Pietro: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette» (Mt 18, 21), cioè sempre. La precarietà della vita, in questo tempo difficile, dovrebbe, altresì, portare l’uomo sulla strada della compassione e dell’amore reciproco per poter realizzare uno stato di pace e di bene. «Ricordati della fine e smetti di odiare, della dissoluzione e della morte e resta fedele ai comandamenti. Ricorda i precetti e non odiare il prossimo, l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui» (Sir 28-7).
La guarigione del cuore è il sentiero da percorrere per far risplendere nella propria vita la luce del perdono, fonte di felicità, in una visione che supera i labili confini della morte e si apre all’eternità.
Mario Baldassarre