Per il Biodigestore di Chianche l’iter è sempre più complicato

Per il Biodigestore di Chianche l’iter è sempre più complicato

Gennaio 30, 2024 Off Di Dario Alvino

Un passo avanti e due indietro! La strada che porta alla realizzazione del biodigestore di Chianche e irta e piena di incognite.

Sulla ditta che aveva appaltato i lavori è calata la scure della Dia (Direzione investigativa Antimafia): Etica spa, l’azienda dell’imprenditore D’Amico, è stata posta sotto sequestro assieme ai beni del Gruppo per 55 milioni di euro, in quanto sospettata di essere in odore di camorra. Il Gruppo D’Amico, che si occupa del settore dei rifiuti, sarebbe legato al clan dei Casalesi.

La notizia arriva proprio quando gli Uffici Autorizzazione Ambientale hanno dato l’avvio per il rilascio del nullaosta per l’opera da attuarsi nel territorio di Chianche su iniziativa del sindaco Carlo Grillo.

Ma anche questa procedura presenta delle contraddizioni in quanto un ricorso fu presentato dai Comuni dell’area del greco di tufo (Altavilla, Montefusco, Petruro, Santa Paolina e Tufo) contro il Comune di Chianche aspetta risposta dal Tar da circa due anni. Il gruppo dei comuni coalizzati dell’ Areale vitivinicolo mirava a tenere la VIA (Valutazione di impatto ambientale) che costituisce un iter più complesso e scrupoloso per poter dare il via libera ad un’opera, sì utile, ma con tanti interrogativi sulla salubrità dell’aria che una zona di grande pregio richiede.

Per la Regione, che ha intanto rilasciato l’Autorizzazione Integrata Ambientale, i problemi sarebbero superati e se non fosse intervenuto il blocco della Dia sulla ditta incaricata ed i lavori potevano essere iniziati.

Sono trascorsi sette anni da quando la legge regionale n. 14/2016 riordinava il ciclo dei rifiuti In Campania introducendo la provincializzazione mediante l’istituzione degli Ato rifiuti e, nel contempo una legge regionale consentiva con un bando a chiamata la realizzazione di impianti ad hoc.

Alla luce degli ultimi accadimenti è probabile ne passino altrettanti prima che si possa decidere con serenità su di un’opera che impegnerà 24 milioni di euro di spesa e di cui si sente l’esigenza non più prorogabile, essendo Avellino e l’Irpinia sprovviste di impianti di smaltimento.

In alternative, e per evitare di andare alle calende greche, si potrà individuare altra area; e con tutte le aree industriali o Pip dismesse ciò non sarebbe difficile