Fede, speranza e carità per rileggere gli eventi alla luce dell’amore di Dio

Fede, speranza e carità per rileggere gli eventi alla luce dell’amore di Dio

Giugno 30, 2024 Off Di Mario Baldassarre

Scipione o Minosse, ben poca è la differenza: gli anticicloni africani sono portatori di un caldo insistentemente torrido. Il calore e l’umidità crescente mettono a dura prova il fisico, fino a percepire un senso di stanchezza e fronti, talvolta, madide di sudore.

I meteorologi sempre più affaccendati ad elaborare nuovi bollettini, devono fare i conti con l’incalzare di fenomeni climatici caldi, che fanno prospettare un’estate siccitosa e conseguenze complicate per le produzioni agricole. Le cronache di questi ultimi giorni riportano tristi situazioni per le quali, paradossalmente, sembra che piovi sul bagnato. Le tragedie, che hanno spezzato la vita dei piccoli Domenico a Montemarano e Vincenzo a Palazzolo Acreide in provincia di Siracusa, hanno visibilmente scosso le comunità e creato un clima surreale di sconforto e scoraggiamento.

«Ognuno avrebbe donato la propria vita per consentire a quella di Domenico di continuare a svolgersi, ma la Provvidenza o il caos, che dir si voglia, non interpellano, dispongono imperscrutabilmente e a piacimento, non concedono il baratto che, mettendo alla prova l’umanità, esalterebbe se stessi». Le parole di Norberto Vitale, giornalista di Telenostra, storica emittente televisiva irpina, hanno intercettato il sentimento comune e quella domanda di senso che, spesso, coglie tutti impreparati dinanzi a situazioni innaturali, figlie di un destino disumano.

Tanti gli interrogativi in queste tragiche situazioni, ma fra tutti: “Perché Dio ha permesso tutto questo?”; “perché il male colpisce le anime pure ed innocenti dei bambini?” Domande ricorrenti alle quali è difficile, se non impossibile poter dare una risposta; talvolta, prevale la rabbia, che degenera, tanto da trasformarsi in rancore. La Prima Lettura della liturgia domenicale, dal Libro della Sapienza, offre una sintesi adatta che, pur evidenziando l’ombra della morte sulla natura umana, riletta con gli occhi della fede cristiana apre orizzonti nuovi di salvezza:

«Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza, in esse non c’è veleno di morte, né il regno dei morti è sulla terra. La giustizia infatti è immortale. Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità, lo ha fatto immagine della propria natura. Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo e ne fanno esperienza coloro che le appartengono» (Sap 1, 13-15; 2, 23-24). La morte è un momento e una componente dell’esistenza, non una soluzione definitiva o finale, ma una soglia oltre la quale il limite della temporalità si apre agli spazi sconfinati dell’eternità, nella visione salvifica dell’amore di Dio. Eppure, avremmo desiderato che tutto ciò fosse stato solo un brutto sogno dal quale ridestarsi o, ritornando alla lettura evangelica, avremmo voluto ascoltare per Domenico e Vincenzo «Talità kum, che significa: “Fanciulla, io ti dico àlzati!”» (Mc 5, 41), secondo una visione ben pregna di umanità. I disegni di Dio talvolta sono invece imperscrutabili e poco chiari, ma sono ricoperti da un manto salvifico di amore. «Non è indolore la vittoria sulla morte: essa viene da Colui che in tutto ha condiviso la condizione umana nella sua fragilità, per trasformarla fin dal profondo, arricchendola di vita nuova» (Simone Morandini, La settimana liturgica – Dalla Parola alla vita, Credere – Per vivere l’avventura della fede, Rito Romano, anno XI – n° 26, 30 giugno 2024).

Le tempeste, ci ricorda papa Francesco, rafforzano la fede, fino ad acquistare un’impronta salvifica quando accompagnate dalle sorelle virtù teologali di speranza e carità.