La tenerezza di Dio si vive nella famiglia
Dicembre 26, 2021Il Santo Natale appena trascorso apre le porte alla celebrazione della Santa Famiglia. Il Dio fattosi uomo vive nell’abbraccio della famiglia nel corpo e nello Spirito: espressione trinitaria di amore fecondo e duraturo nel segno del Padre, della Madre e del Figlio. Maria e Giuseppe, servi fedeli e obbedienti, presentano il frutto dello Spirito Santo all’umanità. Lo scenario della storia si affaccia alla grazia della Misericordia di Dio fattosi Figlio per servire e redimere l’uomo dall’immoralità del peccato. La tenerezza del Padre prende corpo nella semplicità di una mangiatoia a Betlemme, al tepore del bue e dell’asinello, lontano dai fragori della rumorosità cittadina, sotto un cielo trapuntato di stelle a suffragare il lieto evento.
La famiglia è culla d’amore; quell’amore completa e realizza un bene che diventa valore aggiunto rispetto alla somma di singole parti.
L’anno che abbiamo attraversato, tra paure e tribolazioni, ha evidenziato la soavità e il calore di sentimenti familiari. La forzata clausura domestica a cui siamo stati chiamati ha restituito immagini forti: tragiche e, al tempo stesso, magnifiche. Queste ultime hanno preso corpo nell’intimità familiare, negli sguardi amorevoli di tanti genitori reclusi in case di riposo che hanno potuto rivivere la vicinanza dei figli. Nei momenti più complicati della crisi pandemica, con gli abbracci messi al bando da restrittivi decreti legislativi, si è avvertita l’esigenza di consolidare quel sentimento diretto di amore consanguineo. Le “stanze degli abbracci” sono state una necessità venuta ancor prima dei vaccini. L’amore paterno e filiale è cura!
La fratellanza è l’architrave che sorregge la famiglia: testimonia che non si è soli, ma si vive in un contesto dove le gioie e i dolori si spezzano con il pane della condivisione e non nell’isolamento suffragato dall’impudicizia di un orgoglio autoreferenziale. Papa Francesco richiama a gran voce ad una fratellanza universale che abbatte ogni confine, accoglie ogni diversità perché siamo tutti figli di un Padre che è amore.
La Famiglia di Nazareth sin da subito si misura con il dramma della perdita e dei patimenti: la santità si percorre lungo strade difficili e complicate, senza il timore di camminare. L’amore di madre interroga. «Figlio, perché ci hai fatto tutto questo? Ecco, tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo.» (Lc 2, 48). Gesù non si scompone e rivela il mistero della Sua venuta: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?» (Lc 2, 49). La gioia del ritrovamento è maggiore dell’angoscia della perdita, allo stesso modo riscoprire l’amore di Dio nelle nostre vite è ancora più forte dell’incerta paura di sentirsi abbandonati. Un Padre, fattosi Figlio per servire nell’amore, asciugando le lacrime del peccato, non abbandona mai nessuno. Spesso ci sentiamo soli quando pensiamo a noi stessi, quando vorremo un Padre per soddisfare egoistiche esigenze personali. Il sentirsi figli, servendo con amore il prossimo nella volontà del Padre, fa sì che la gioia sia piena.
Santa Teresa di Gesù Bambino scrive: «Se il Re dei Cieli volle che anche sua Madre subisse la notte, l’angoscia del cuore, è dunque allora un bene soffrire qui in terra? Sì, patire amando è la più pura delle gioie».
Mario Baldassarre