La precarietà del culto dell’apparenza

La precarietà del culto dell’apparenza

Luglio 31, 2022 Off Di Redazione

Il mese di agosto, ormai alle porte, storicamente si conferma periodo di ferie estive per eccellenza. Si assiste ad una stasi per rigenerare il corpo e rimettersi nelle condizioni fisico-mentali opportune per affrontare, con solerzia ed abnegazione, intensi periodi lavorativi. Le vacanze balneari sono precedute dalle classiche prove costume per regolarizzare le forme fisiche, in nome del culto dell’apparenza. Le ferie, in quanto periodo di riposo, congelano pensieri e problematiche, rimandandoli nel tempo. Le condizioni sociali ed economiche risultano particolarmente preoccupanti e gravose.

La guerra in atto ha innescato una profonda crisi energetica con una considerevole crescita dell’inflazione; gli effetti dell’embargo punitivo dell’Europa verso la Russia ha causato problemi di approvigionamento di risorse; la crisi climatica in atto mette a dura prova numerosi equilibri ambientali. In Italia, gli effetti della crisi politico-istituzionale convergeranno verso le elezioni politiche per il rinnovo del Parlamento. A tutto questo si aggiungono i problemi della pandemia da Covid-19, ancora in atto, che ci ha abituato a forme di recrudescenze preoccupanti, in particolare nei periodi autunno-invernali.

Da queste analisi emergono, con chiarezza, numerose situazioni che riconducono a problematiche materiali di chiara impronta economica e monetaria e un marcato senso dell’apparenza, ascrivibile ad altrettante forme di benessere materiali e per questo transitorie ed effimere.

Le letture della liturgia domenicale pongono l’attenzione proprio su queste annose situazioni da correggere per migliorare la vita in una visione che va ben al di là della pochezza della natura umana.

«Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede» (Lc 12, 15). Il richiamo di Gesù suona come un invito ad allontanarsi dal superfluo e dalle vanità delle cose terrene. La Parola, come si può vedere, ha la sorprendente forza di riattualizzarsi e conserva un’innata freschezza tale da abbattere gli ostacoli del tempo. Il benessere economico crescente ha creato un’aridità spirituale e la tendenza ad essere vincolati a beni tangibili e materiali per il soddisfacimento di bisogni passeggeri. Il materialismo imprigiona, rende schiavi e abitudinari al dio denaro, conducendo alla perdizione. “Il troppo stroppia”, è la sintesi della proverbiale saggezza popolare. La filosofia del benessere, supportata dalla ricchezza, si scontra con la fragilità umana e il rischio impellente che tutto, da un momento all’altro, possa inevitabilmente sfuggire di mano.

Le relazioni autentiche, la condivisione amorevole e caritatevole sono soffocate dalla ricchezza, che in nome di vantaggi immediati e duraturi, quantificabili economicamente, crea un deserto e un vuoto nei quali soffocano animi cupidi e solitari. La bontà d’animo, in quanto virtù che qualifica e non quantifica, dona ricchezza allo spirito, pacatezza e quel benessere non assoggettato al protagonismo, ma all’essenziale di una vita autentica che guarda all’altro e non all’egoismo autoreferenziale. «Beati i poveri», dice Gesù, perché non svendono la loro dignità al Dio denaro, sono liberi dall’impurità, dalla faziosità e, così, aderenti alla volontà di Dio, che apre gli orizzonti all’eternità.

La vanità è un male che chiude il cuore all’amore, rendendo l’uomo assoggettato alla compulsività dell’apparenza: le cose diventano più importanti delle persone e le relazioni, finalizzate all’interesse, faranno maturare diffidenza e odio. Scrive Henry David Toureau in Walden: «Ci lasciamo influenzare più dall’amore per la novità e dall’opinione degli altri che dall’utilità […] Non ci si preoccupa di ciò che è rispettabile, ma di ciò che è rispettato.» San Paolo, nella lettera ai Colossesi, esorta a far morire le apparenze appartenenti alla terra e fondare la vera ricchezza nella fede in Cristo, morto alla materialità terrena, ma risorto alla vita eterna. Sono questi i veri presupposti che nobilitano lo spirito per aprirsi al sommo bene: vera fonte di benessere, pace e prosperità per l’intera umanità.

Mario Baldassarre