Quel maledetto mal di vivere è sempre più di casa in Irpinia

Quel maledetto mal di vivere è sempre più di casa in Irpinia

Luglio 6, 2023 Off Di Dario Alvino

Il suicidio della neolaureata ventiquattrenne di San Potito ha suscitato sensazione e turbamento nella popolazione irpina: il triste evento fa seguito al suicidio del quattordicenne di Montoro e degli adulti di Melito Irpino (56enne) e di San Michele di Serino (65enne). Il rischio è che questi tristi eventi sempre più ricorrenti passino come ineluttabile destino: No!!! Bisogna porsi qualche domanda sulle condizioni di vita che si conducono nel nostro territorio e prendere delle contromisure . Anzitutto mettere in discussione la narrazione che vede la nostra terra come isola felice: come abbiamo constatato in cronaca nera il nostro territorio non è immune dalla malavita e, magari tardi e con incredulità, stiamo prendendo le contromisure; così bisogna rendersi conto che Avellino e l’Irpinia non sono isole felici neanche per adolescenti ed adulti, magari i più sensibili, che non reggono a un’esistenza priva di prospettive nel caso dei giovani e di o di una serena vecchiaia per gli adulti.

A parte i problemi dei singoli sfortunati protagonisti, di cui non entriamo nel merito, il numero dei casi desta preoccupazione.

Nel frattempo si eleva il grido di allarme di don Vitaliano, responsabile del Centro Caritas nella chiesa Santissima Trinità dei Poveri, il quale dopo l’ultimo salvataggio di un giovane pakistano, ennesimo migrante sottratto alla strada, lamenta di essere lasciato solo. “Non può essere la Chiesa – egli dice – oramai al collasso l’unica a preoccuparsi di questi casi con le istituzioni che se ne lavano le mani”; egli rileva un assenza di prefettura e questura che non rispondono più agli appelli che egli denuncia.

Pertanto poiché la politica è in tutt’altre faccende affaccendata (PNRR, Zes, Area Vasta nell’ottica delle prossime tornate elettorali e le istituzioni di vigilanza di governo latitano chi deve prendersi cura dei drammi umani che si vivono in questa provincia?

Si potrebbe considerare che il modus vivendi della nostra zona non favorisce in modo particolare la vita sociale e di contatti umani, che si limitano spesso a rapporti formali ed aridi; a differenza ad esempio dell’area napoletana ove c’è più apertura alle relazioni interpersonali. Ma su questo aspetto c’è poco da fare: certo la mancanza di lavoro, i casi di sfruttamento e l’indifferenza imperante fanno il resto.

Ad ogni buon conto c’è bisogno che le autorità responsabili del sociale (prefetto, Comune, Asl Provincia e autorità ecclesiastiche) mettono su una

task force in grado di monitorare e prevenire i sempre più frequenti fenomeni luttuosi della popolazione irpina.