Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!

Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!

Ottobre 9, 2022 Off Di Redazione

«Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!». È il miracolo dell’amore. Un imperativo diventa dono per percorrere in sicurezza e con fiducia le impervie strade della vita. È ricorrente questo invito di Gesù: è il miracolo stesso che nasce da un cuore aperto alla fede incondizionata, che si apre alla speranza, senza scontrarsi con la delusione. La fede è scuola di vita: insegna a fidarsi e ad affidarsi a un Padre che è amore, accogliendo la sofferenza non come forma di castigo, ma come prospettiva di crescita e di insegnamento. È la fede ad aver salvato il lebbroso samaritano, così come era avvenuto per il cieco e la donna emorroissa.

«Àlzati: è il verbo che Gesù usa per rimettere in moto chi non cammina. Alzàti siamo noi quando usciamo da una vita da seduti.» (don Maurizio Mirilli). La fede aiuta a mettersi in cammino: la divina misericordia è fonte di salvezza e motivo per venir fuori da una condizione di chiusura e poter essere, con umiltà, protagonisti nella vita.

Le condizioni del nostro tempo, nascondendo frequenti insidie, fanno nascere diffidenza, pessimismo, sconforto. L’impulso del materialismo e la rincorsa ad evidenze supportate dal rigore scientifico sono alla base di un impoverimento morale e spirituale, che prende forma con insistenza. L’orgoglio e la supponenza di una concezione arrivista esulano da quelle condizioni di felicità e gratitudine che danno pienezza alla vita.

Troppe volte la fede è indebolita da una rincorsa alla ricerca di segni o condizioni favorevoli. L’estenuante caparbietà volta a tenere tutto sotto controllo e la pretesa di voler esaudire ogni desiderio che si affaccia alla mente sono la causa di una profonda aridità spirituale con un conseguente stato di infelicità. Gli eventi degli ultimi tempi, tra i quali la pandemia da Covid-19, hanno fatto abbassare il termometro della supponenza, tanto da evidenziare le difficoltà e la debolezza della natura umana. La guarigione matura nel cuore che sa ringraziare e riesce, così, a trovare la felicità perché sa di aver ricevuto un dono. La riconoscenza, al tempo stesso, è dono di salvezza.

Chi è vinto dall’orgoglio non sa ringraziare perché crede solo nei propri mezzi e nei propri meriti, con il conseguente rischio di restare da solo. L’ingratitudine è una triste malattia del corpo e dell’anima. Gesù è fonte di amore e felicità condivisa, che matura mettendosi in cammino verso l’altro, con sentimenti pregni di carità ed altruismo. La fede, così concepita, cambia le aride prospettive di vita e diventa principio di guarigione e salvezza. La guarigione del lebbroso samaritano, che riconosce la compassione e la misericordia di Gesù, nasce da un atto di fiducia sincero e incondizionato, senza la pretesa di vedere i segni della grazia richiesta.

Il lebbroso salvato dalla propria fede sarà forse il buon samaritano che lungo la strada di Gerico ha compassione dell’uomo tramortito dai briganti. «Va’ e anche tu fa’ lo stesso.» (Lc 10, 37) dice Gesù al dottore della legge che riconosce la compassione del samaritano: anche questo invito, accolto con la sincerità del cuore, è principio di guarigione.

Mario Baldassarre