
Dalla carità maturano frutti di puro amore
Marzo 2, 2025
“Ogni albero si conosce dal suo frutto”. La proverbiale espressione non riflette situazioni o conoscenze botaniche ma lascia trasparire, attraverso una sensibilità e un acume sopraffine, un profilo caratteriale evidenziato dal modo di fare. I buoni frutti sono quelli del buon fare: rispecchiano sentimenti di rettitudine e coerenza. Diversamente, prevalgono sentimenti ostili e un fare inopportuno. Nelle relazioni sociali queste situazioni divengono palesemente evidenti, tanto è vero che il modo di fare di ognuno viene spesso filtrato attraverso la condotta o, meglio a dirsi, “il modo di fare”: questi “frutti”, spesso amari, ci consentono di capire indole e personalità. I discorsi demagogici e tendenziosi di politici improvvisati, il più delle volte, sono la chiara espressione di un albero dai frutti incommestibili.
Il brano del libro sapienziale del Siracide è un invito alla prudenza e a un opportuno discernimento, evidenziando, con acume, come le parole pronunciate siano rivelatrici dell’indole umana.
«Non lodare nessuno prima che abbia parlato, poiché questa è la prova degli uomini» (Sir 27, 7).
Gesù usa la metafora dell’albero e i suoi frutti per distinguere l’uomo buono dal cattivo e, dalle opere compiute, il bene e il male. Le parabole evangeliche pongono in risalto verità assolute sulle quali meditare per coltivare una esistenza virtuosa fatta di amore e rettitudine: pilastri su cui è incardinata la vita del buon cristiano.
Gesù osa interrogare i suoi discepoli e le nostre coscienze: matureranno frutti buoni solo piantando radici nella Parola di Dio. Spesso gli interrogativi invitano alla prudenza, all’attenzione per rompere le catene del male. Gesù dalla correzione fraterna e amorevole, insegna come fare un sano esame di coscienza e rimuovere le turpitudini quotidiane per vivere quel cambiamento che, sotto la guida dello Spirito Santo, avvia alla salvezza eterna.
Papa Francesco ricorda: «Non si può correggere una persona senza amore e senza carità. Non si può fare un intervento chirurgico senza anestesia: non si può, perché l’ammalato morirà di dolore. E la carità è come un’anestesia che aiuta a ricevere la cura e accettare la correzione».
«Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, mentre non scorgi la trave che è nell’occhio tuo? […] Ipocrita! Togli prima dall’occhio tuo la trave, e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello» (Lc 6, 41-42).
Il Signore ci invita ad aprire gli occhi, affinché possiamo camminare e aiutare gli altri a farlo. La pagliuzza vista nell’occhio del fratello non è espressione di un acume visivo: è cecità! Non si vedono i doni e le opportunità che la vita offre perché si è accecati dall’orgoglio, dalla presunzione, dalla ricerca affannosa del proprio benessere e dei tornaconti economici. Il Vangelo ci insegna a fare pulizia, aprendo gli occhi del cuore all’amore, alla misericordia, all’altruismo perché senza donare frutti la vita diventa sterile ed è così condannata a finire.