Dio dona gioia a chi costruisce sentieri di pace
Gennaio 29, 2023L’inverno incede in questa stagione complicata da attraversare. Le giornate uggiose e piovose sono diventate un’abitudine; le prime nevicate hanno affrescato le pendici montane circostanti, con temperature mattutine che confermano i tradizionali giorni della Merla. Il ricordo della Shoah, nella Giornata della Memoria, ha scosso gli animi, affinché fenomeni simili non abbiano più a ripetersi. Un pensiero ricorrente, a volte abusato per senso di retorica, quantomai attuale in questo scenario di guerra che tristemente incombe sulle nostre vite.
Non basta volgere lo sguardo su queste giornate climaticamente fredde, segnate da una complicata crisi energetica ed economica, per capire le sofferenze nelle regioni martoriate dalla guerra; non serve ostinarsi con campagne d’odio contro il nemico invasore, foraggiando le industrie belliche, per spegnere la guerra con gli armamenti. «Le immagini di morte – scrive il cardinale Matteo Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna – sono icone drammatiche della cattiveria, del male e della complicità folle degli uomini, ma anche di quella sofferenza che viene tenuta tutta da Cristo, e che proprio per queste tenebre si è fatta luce apparsa nel mondo». Il Parlamento Europeo, con 470 voti su circa 630, ha rifiutato di adottare “sforzi diplomatici per mettere fine alla guerra in Ucraina e alle sofferenze del popolo ucraino”. Il ripudio della guerra è, ormai, un pensiero di facciata, al pari di una promessa elettorale poi disattesa. I sentimenti di pace, propagandati, sono imbrattati da un lessico militare.
Appare quantomai disdicevole la proposta di un premier europeo di abolire il “giorno della preghiera” in modo da poter aumentare le risorse per la “difesa” in armi. I media da tempo hanno distolto l’attenzione dalla questione sempre più critica e lontana da ogni forma di negoziazione diplomatica. È necessario mobilitare i cuori per far nascere sentimenti di mediazione verso un desiderio comune di pace e porre, così, fine alle ostilità: un “appello ai liberi e forti”, parafrasando il pensiero di don Luigi Sturzo, per aprire sentieri di speranza verso il ritorno alla pace e all’amore tra i popoli.
Nell’anno in cui si celebrano i cinquanta anni dell’enciclica Pacem in terris, i richiami del santo padre Giovanni XXIII appaiono di una sorprendente attualità e invitano le coscienze dei grandi statisti ad adoperarsi per una «ricomposizione fondata sulla mutua fiducia, sulla sincerità nelle trattative, sulla fedeltà agli impegni assunti» (PT, n. 63). Il Pontefice parla di un “disarmo integrale”: «smontando gli spiriti, adoperandosi sinceramente a dissolvere, in essi, la psicosi bellica: il che comporta, a sua volta, che al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia» (PT, n. 61). Occorre scrollarsi di dosso la persuasione pregiudizievole che la forza oltraggiosa degli armamenti, incutendo timore, possa spegnere ogni forma di aggressione. Il timore, spesso, fa crescere il rancore e l’odio, generando fratture e forme di aggressione; la collaborazione, costruita con amore, è condizione prioritaria per costruire un bene comune sostenibile tra i popoli.
Dinanzi a queste improvvide e inette politiche belliche, Gesù viene a dirci: «Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5, 9). Dio benedice chi dona amore. Le beatitudini, ad ogni modo, rimandano a condizioni di umiltà, in contrasto con la visione utilitaristica di un tempo segnato da sfarzo e benessere. Quello di Gesù è un percorso di debolezza e per questo a volte disorienta, altre spaventa, altre ancora è visto con senso di commiserazione. La predisposizione ad accogliere questi principi misura il modo in cui la fede è entrata nella nostra vita.
La mitezza d’animo, la povertà, la costruzione di condizioni di pace e misericordia sono virtù che restituiscono pienezza e gioia. L’amore moltiplica le condizioni del bene, creando un valore aggiunto che vediamo prorompere dalla luminosità e dalla felicità di un volto abitato dalla grazia di Dio.
Baldassarre Mario