La chiamata di Dio è dono di salvezza

La chiamata di Dio è dono di salvezza

Gennaio 14, 2024 Off Di Redazione
Immagine tratta da www.rileggendo.it

L’anno nuovo eredita e conserva vecchi mali, a dispetto dei buoni propositi e dei messaggi beneauguranti che hanno accompagnato la fine del vecchio anno. La storia si ripete, riproponendo un copione già visto, dinanzi al quale, tuttavia, non deve mai mancare la speranza “piena di fede” per affrontare le difficoltà e, al tempo stesso, come ricorda papa Francesco, poter diventare “una piccola torcia di speranza per gli altri”. Se i presupposti, allo stato attuale, non appaiono dei migliori, la bontà del cammino potrà vedere cambiare le cose, secondo una nuova visione ben puntellata da virtuosismi. Il tempo che si dipana davanti a noi invita al buon cammino, secondo quelle che sono le indicazioni del Sinodo, che nel suo regolare svolgimento segnerà delle fasi particolarmente significative di crescita cristiana, in visione dell’anno giubilare che si aprirà nel 2025.

«Camminando s’apre cammino», è il messaggio confortante e beneaugurante di mons. Arturo Aiello vescovo di Avellino. Un invito alla speranza per un percorso di fiducia in costruzione, verso nuovi orizzonti per non perdersi nei “meandri della nostra mente, nelle nostre paure”. Gesù accompagna il cammino con gesti e domande paterne, volte a soddisfare inespressi e taciti bisogni di salvezza: «Che cosa cercate?» (Gv 1, 38). «Venite e vedrete» (Gv 1, 39) è l’invito del Signore.

Dio chiama lungo le direttrici della storia, invita a fare delle scelte, mettendosi in cammino, su strade impreviste, per sconfiggere l’inedia. La grazia e la scommessa si acquistano imparando a riconoscere la chiamata, scrollandosi da dosso quell’atteggiamento di ostentata presunzione e arroganza, predisponendo l’animo ad una pacifica obbedienza: «Parla Signore, il tuo servo di ascolta» (1Sam 3, 9) è l’invito di Eli a Samuele che non riconosce la voce del Signore. L’ascolto della Parola e la testimonianza evangelica generano i presupposti per poter camminare nella luce di Dio, con fiducia, lungo i sentieri del suo amore, senza dover anteporre con spregiudicatezza la propria visione e una volontà molte volte refrattaria.

Gesù chiama per un bisogno d’amore, senza alcuna distinzione, pubblicani e peccatori; singolare resta la chiamata di Matte; giunge inaspettata e segna un modello di santità ed accoglienza della misericordia di Dio. Un apparente paradosso, se visto con la lente dei nostri limiti umani, inclini a giudicare e a condannare. Quando non ce l’aspettiamo, nelle giornate spente, quando le ferite diventano sanguinanti, Dio viene ad asciugare le nostre lacrime, offrendo soluzioni a situazioni apparentemente irreversibili.

Si muove in questa direzione il pensiero del poeta e paesologo Franco Arminio, che con “Canti della gratitudine” dedica le sue poesie a chi sa amare e ringraziare per le piccole cose che stupiscono.

“Che duri un attimo/ o un millennio/ sempre tua la vita e di nessuno./ Usala con slancio, senza pretese./ Fioriscono nei giorni vuoti/ le più clamorose imprese.” È un invito accorato alla speranza e ad essere fiduciosi. Proprio nei giorni vuoti e spenti nascono e maturano le cose belle, come la salvezza dal martirio della Croce.

Mario Baldassarre