La gioia dell’attesa
Dicembre 15, 2024Il silenzio e la quiete si fanno spazio in questi giorni che si apprestano alle festività natalizie. Il grigiore autunnale e le giornate piovose invitano a crogiolarsi nel tepore casalingo, tutte le volte in cui le condizioni permettono di staccare la spina dalla stringente e, talvolta, stridente routine quotidiana: un palliativo corroborante per il corpo e lo spirito.
La pioggia scrosciante sui tetti, in questo tempo d’avvento natalizio, mi riporta alla mente immagini di fanciullesca memoria e, l’animo nostalgico, si lascia trasportare. Rivivo, così, la poesia sulle pagine del tempo andato e la ritrovo pregna di suggestione, tant’è che qualche lacrima di commozione riga il volto, sulle sponde della sera di una giornata ben troppo avvizzita. Gli echi del passato invecchiano, ma la memoria è fedele, conserva anche i fogli ingialliti, anzi, il più delle volte, questi sono i più significativi nel grande libro della vita. Le bianche mattonelle smaltate che rivestivano il focolare domestico e il tremolio danzante delle fiamme nel camino si univano ai “cunti” del nonno e al borbottare della pignatta ricolma di fagioli. Racconti di vita campestre d’antica fatica contadina rimandavano ad un tempo di austerità, di stenti e sacrifici. Il tutto si muoveva nel tempo della preghiera e della riconoscenza, tant’è che di tanto in tanto, nonostante le vicende avverse, si era soliti ringraziare Dio.
Le luci del presepe e i luoghi della natività, nella penombra del sobrio ambiente casalingo, trasmettevano un’immensa gioia a noi bambini. Ogni cosa era dono, oggi viviamo nel tempo del regalo, segnato dalla partita doppia del dare e avere. La comunicazione, maturata nella sobrietà dell’ambiente familiare, oggi si piega a meccanismi di nuova concezione come le relazioni virtuali proposte dal web o i surrogati stantii dell’intelligenza artificiale. Viviamo nell’era della sovrabbondanza che, paradossalmente, non ci soddisfa e, per contro, abbiamo perso ciò che davvero era poesia.
La vita scorre secondo abitudini, ripetute meccanicamente, per tenere sotto controllo ogni cosa, secondo l’economia del fare, trascurando la meditazione e la contemplazione in chiave spirituale. «Che cosa dobbiamo fare?», chiedevano le folle a Giovanni Battista. Un interrogativo per vivere con gioia le vicende della vita, senza perdersi in un’operatività confusionaria e inconcludente. L’imperativo morale, riecheggiato dalla coscienza, suggerisce la giustizia di una visione d’amore, nell’ottica della fraternità: «Chi ha due tuniche, ne dia una a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3, 11): un principio di condivisione e di carità che mi rimanda al mantello tagliato, per darne metà al povero, da San Martino di Tours.
La venuta del Signore si manifesta nella gioia declinata attraverso la pace e il fraterno amore reciproco, senza velleità o finalità utilitaristiche. In questo tempo così angustiato di guerre ed atrocità, occorre il voler e il saper fare, con rettitudine, senza propagandare o aspettarsi ricompense. Il Natale è il dono di Dio che si è fatto uomo: un dono d’amore e di salvezza secondo prospettive di giustizia e serenità.