La prossimità è la cura dell’amore

La prossimità è la cura dell’amore

Luglio 10, 2022 Off Di Redazione

L’estate incalza lungo i sentieri di questi mesi caldi; le preoccupazioni prendono forma e rilevanza, facendo nascere sempre nuovi interrogativi. Il destino del mondo è in pericolo, messo in discussione dall’incessante calura che prosciuga fiumi creando aridità: le sorti della natura si intrecciano a quelle umane, generando squilibri quando nascono visioni avverse o discordanti. L’effetto serra, acuito da aspre forme di inquinamento, compromette gli equilibri di sostenibilità ambientale.

Accanto a tutto ciò i venti di guerra sono altrettanto forti e preoccupanti, così come l’avanzare strisciante della pandemia che, con l’allentamento delle misure di sicurezza e la nascita di nuove varianti virali, lascia prefigurare un tempo segnato dall’incremento dei contagi e dei problemi ad essi connessi. I rincari energetici diventano benzina sul fuoco di un’inflazione incalzante con le famiglie sempre più in debito di ossigeno. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 sono sfide ambiziose per la cura e la salvaguardia della “casa comune”: lotta alla povertà, eliminazione della fame e contrasto al cambiamento climatico. La cura, attenta e scrupolosa, assicura la vita quando diventa amorevole esercizio di prossimità: principio di salvezza reciproco del malato e del curante.

«Chi è il mio prossimo?» (Lc 10, 29), chiede a Gesù il dottore della legge. Una domanda provocatoria che si riattualizza, pur confermando risposte antiche. Gesù risponde col linguaggio del cuore, senza adeguarsi a futili principi giurisprudenziali: il lessico dell’amore è semplice ed universale, non ha bisogno di essere istituzionalizzato.

La parabola del Buon Samaritano richiama, con vigore, le coscienze smorte del nostro tempo, sempre più vinte dall’edonismo e dall’individualismo annichilito dal culto dell’indifferenza. L’uomo caduto nelle mani dei briganti non chiede aiuto: la sofferenza esige compassione come principio di guarigione. L’indifferenza, di chi guarda e passa, come il sacerdote e il levita, è il cuore pietrificato della presunzione e dell’arido individualismo da combattere: il reato di omissione di soccorso va in questa direzione, come un obbligo di prossimità imposto. Senza compassione l’umanità avvizzisce; l’amore e l’altruismo, verso chi vive nella sofferenza, dona vita all’uomo in cui abita lo spirito di Dio.

Il Samaritano in viaggio vide l’uomo tramortito e «ne ebbe compassione»; alcune versioni, invece, dicono che «si mosse a pietà», restituendo, così, un’intensa e profonda carica emotiva. Il bene nasce quando dalle parole si passa ai fatti e dall’attenzione alla cura. Il Samaritano ha il cuore incline all’amore, aperto a Dio e, così, senza essere imbrigliato da ragionamenti umani, scende da cavallo, fascia le ferite al morente: si prende cura. Il sacerdote e il levita hanno il cuore abitato dalle preoccupazioni, dall’impellente burocrazia del quotidiano, che impedisce al cuore di sentire la voce di Dio.

Padre David Maria Turoldo, dinanzi al bene e al bisogno di prossimità che deve incarnare la natura umana, scrive: «Sono io che devo farmi prossimo a colui che è in disgrazia, a quanti sono nell’abbandono. Sono io che devo scendere da cavallo, farmi vicino, curvarmi. Sono io, tu, la chiesa, chiunque. È Dio che scende dai cieli e si fa prossimo all’uomo; Dio che non serba per sé quale preda la sua divinità: che non ha paura di compromettersi, di sporcarsi.»

Farsi prossimo consente di diventare prossimo nella visione della misericordia di Dio: una cura reciproca che nasce dal chinarsi sulle ferite altrui e poter così riscoprire Dio nel cuore delle proprie miserie umane.

Mario Baldassarre