La resurrezione nell’eternità dell’amore Dio
Novembre 6, 2022La commemorazione dei defunti appena trascorsa ci ha messo dinanzi alla morte e alla precarietà della vita. Contestualmente, gli eventi della vita si scontrano, inesorabilmente, con un cammino complicato, che rimanda a dolore e morte. Dopo la tragica stagione del Covid-19, i regimi di morte rincorrono una guerra insensata, che desta timore e preoccupazione. Le continue perdite umane e i disastri economici che si vanno profilando sono un monito, che palesa una conflittualità potenzialmente distruttiva per l’umanità.
I richiami alla pace sono ricorrenti, le iniziative, per costruirla fattivamente con diplomazia e mediazione, rimangono buoni propositi inattuati. Dinanzi a questo scenario, sempre più critico, ricorrenti sono gli interrogativi sul dualismo tra la vita e la morte, il senso del limite umano e la fiducia nella resurrezione a vita eterna. Le vicende terrene, molto spesso, si misurano con l’evidenza scientifica, anteponendo l’immanente al trascendente. Si da rilevanza a ciò che è tangibile, trascurando quel retaggio d’amore e beatitudine che viene da Dio e si affaccia sui sentieri dell’eternità: naturale prolungamento della fragile natura umana.
Una visione troppo materialista con un’apertura solo a situazioni dimostrabili fa maturare arroganza, presunzione, che nascondono amarezza ad accettare la fine di tutto. Gesù si trova a dirimere la questione con i sadducei, che non credevano nella resurrezione e, con cinismo, si ponevano con un’aria di sfida per cercare delle prove convincenti. Come con i farisei, Gesù risponde con il linguaggio dell’amore perché amare è il verbo della vita, tutto il resto e morte, fine irrimediabile. L’obiettivo di mettere in difficoltà e screditare Gesù, con pretestuosità materiali e tendenziose, rivela il senso della tentazione del nemico verso la vocazione e la fede dell’uomo, in quanto figlio di Dio, all’eternità.
Gesù risponde ai sadducei: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito; ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito: infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.» (Lc 20, 34-37). Nella visione di Dio non c’è il possesso, il senso materiale, dell’appartenenza, non esistono forme di legame, relazioni, che rivelano i vincoli della natura umana. Nella luce del Padre la morte e il peccato sono stati vinti con il sacrificio della Croce e, così, tutti i limiti della natura umana sono stati trasfigurati in una visione d’amore, che rifugge ogni aspetto di materiale ed effimera appartenenza. L’esistenza terrena, cristianamente vissuta, deve diventare un cammino verso l’eternità. «Quando saremo sulla riva dell’autunno – scrive il santo padre Giovanni Paolo II – esploderanno timore ed amore nelle loro opposte brame: il timore desiderando fortemente il ritorno a ciò che una volta fu la vita e lo è ancora, l’amore bramando di inoltrarsi verso Colui in cui la vita trova tutto il suo domani». La resurrezione è il segno della vittoria sulla morte, della trasmutazione della fragile vita terrena nella pienezza dell’amore e della gioia eterna.
Mario Baldassarre