L’ultimo posto è di chi ama

L’ultimo posto è di chi ama

Agosto 28, 2022 Off Di Redazione

L’ostentazione è diventata una falsa forma di perbenismo. L’apparenza, con veemenza, si fa spazio nel nostro tempo sempre più segnato da vicende, che necessitano di essere circostanziate. I social sono diventati la finestra da cui sbandierare ogni cosa per guadagnare “like” come trofei di fine giornata. Capita spesso di vedere volti ingobbiti sugli schermi telefonici intenti a rovistare in uno spazio virtuale, che imprigiona e decontestualizza, facendo perdere il contatto con la realtà.

Sono molte le forme subdole e artefatte, con l’intento di guadagnare consensi e visibilità: una distorsione della realtà che confonde. Le vicende sociali degli ultimi tempi propongono, sempre più, forme di arrivismo in cui contano i traguardi del “tutto e subito”, le soddisfazioni immediate, con il minimo sforzo e il maggior vantaggio. Il senso della prevaricazione e dell’apparire sono le cause di una conflittualità strisciante, che genera un’aridità morale e spirituale, facendo venir meno quella felicità che dà pienezza e lucentezza alla vita.

Gesù offre una serie di soluzioni a questo stato sin troppo opprimente, smontando quelle punte di orgoglio compromettenti e, spesso, invalidanti.

«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto.» (Lc 14, 8-9). Non si tratta di una lezione di galateo o una paternale ai i farisei, ma un invito a cambiare certe abitudini disordinate e indecorose, per domare l’orgoglio e la superbia, orientando le azioni in maniera virtuosa. Ai farisei che aprono le loro case, Gesù apre il cuore; la ricerca di un motivo per condannarlo viene pagata con la moneta salvifica dell’amore. La salvezza è per tutti, basta riconoscersi, sentirsi e sapersi figli amati: non contano le appartenenze, i successi e le logiche mondane.

«Quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali.» (Lc 14, 10)

«L’ultimo posto – scrive padre Ermes Ronchi – non è un castigo, è il posto di Dio: infatti li troviamo il Signore Gesù, venuto per servire, non per essere servito». L’ultimo posto è di chi ama, di chi si umilia ad una condizione servile, senza inerpicarsi sui fragili pioli di una scala di gradimento sociale. La gratuita del dono dà speranza, gioia contagiosa, tanto da generare valore aggiunto, che traspare dal volto dell’altro: «Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia.» (2 Cor 9, 7). Gesù si è misurato con il legno di una mangiatoia, al solo tepore del bue e dell’asinello, scegliendo il legno della Croce per salvare l’umanità. Il servizio, la carità verso i poveri, nel silenzio, senza autocompiacimento o manie d’apparenza, ad imitazione di Cristo, aprono la strada alla salvezza. In questa direzione deve muoversi la conversione del cuore di chi è vinto dall’orgoglio e dalla superbia perché «ai miti Dio rivela i suoi segreti.» (Sir 3, 19). Troppe volte assistiamo all’intento di diversi movimenti religiosi verso opere di conversione/convincimento al proprio credo con intense opere di persuasione.

La vera conversione nasce e matura tutte le volte in cui la vita si apre alla carità, alla “logica del servizio”, senza cedere agli impulsi di una logica mondana autocompiacente. Sono queste le condizioni verso la fraternità e l’amicizia sociale, oltre ogni barriera di spazio e culto, come ampiamente sottolineato da Papa Francesco nell’Enciclica Fratelli tutti.

Mario Baldassarre