Nella sofferenza si fa esperienza di Cristo morto e risorto
Ottobre 13, 2024Percorrere la strada della croce è un’amara prospettiva che si trasfigura in fonte di salvezza. È un pensiero forte e risoluto da annunciare, per rendere il cammino della vita significativo e virtuoso. La sofferenza si presenta frequentemente nella vita come pietra d’inciampo: è una compagna scomoda con la quale, presto o tardi, bisogna saper fare i conti. Si tratta di una sfida con la quale misurarsi, senza doversi sentire depositari di sfortune o di castighi divini. Il corpo e la mente vanno, pertanto, preparate ad affrontare situazioni prostranti e rafforzare lo spirito secondo una visione salvifica. Scorrono in queste parole verità indiscutibili, alla luce dei principi della fede cristiana.
Quando il dolore e la sofferenza ci attraversano in prima persona, spesso, cambiano prospettive e alcuni principi sostenuti con vigore tendono a diventare traballanti, generando scoraggiamento, tensioni interiori, turbe psicologiche. Riusciamo a trovare la forza e la risolutezza per ravvivare questi principi e testimoniarli con gioia? «Il dolore è di chi lo sente, no ‘e chi passa e tremente», mi ripeteva don Pasquale Lionetti nelle fasi più critiche del Covid-19, tuttavia quello sguardo di compassione, impregnato di gesti di un profondo ed amorevole animo caritatevole, diventava compartecipazione, piegandosi sul vissuto dell’altro, come il Samaritano sulla strada da Gerusalemme a Gerico.
Nel tempo della sofferenza, vissuta con rispetto e cristiana accettazione, Dio dona amore se il cuore è aperto a questo nuovo tempo. E al tempo stesso, questo cammino acquista un rinnovato significato che matura con la grazia divina che permette di vivere e sostenere delle croci prostranti.
«Il cristiano sa che la sofferenza non può essere eliminata, ma può ricevere un senso, può diventare atto di amore, affidamento alle mani di Dio che non ci abbandona e, in questo modo, essere una tappa di crescita nelle fede e nell’amore. Contemplando l’unione di Cristo con il Padre, anche nel momento della sofferenza più grande sulla croce (cfr Mc 15, 34), il cristiano impara a partecipare allo sguardo stesso di Gesù» (Papa Francesco, Lumen fidei, San Paolo, 2013, n. 57, p. 105, 106).
Questi principi di così alto valore spirituale hanno segnato e guidato la vita virtuosa di Sammy Basso affetto dalla progeria, rara malattia che causa un invecchiamento precoce, morto a 28 anni, dopo aver colto la sua croce con una relazione a cuore aperto con il Dio della vita, che è padre amorevole. Una vita vissuta con intensità tra fede e scienza, come dono della grazia di Dio, testimoniata con gioia e risolutezza. «Sicuramente molti diranno che ho perso la mia battaglia contro la malattia, non ascoltate. Non c’è mai stata una battaglia da combattere ma una vita da abbracciare, con le sue difficoltà: né premio né condanna, semplicemente un dono che mi è stato dato da Dio». Queste parole toccanti, affidate ad una sua lettera letta durante i funerali, diventano testamento e testimonianza che confermano con chiarezza la fede cristallina e autentica che gli ha permesso di vivere la malattia, senza recriminare alcuna forma di vittimismo. «Tu ci sei e ci sarai sempre vicino: è la certezza che ci viene dall’aver sperimentato in te e con te la presenza di Cristo morto e risorto»; anche noi, come sua madre, attraverso questa virtuosa vita, accarezzata dal Padre, abbiamo potuto fare esperienza dell’amore di Dio in questo tempo segnato da profonde criticità che assillano la natura umana.
Questo tempo si trasfigura così in una visione di grazia che dovrà arricchire la fede, la speranza, rendendoci, attraverso la comunione divina, costruttori e testimoni di sentieri di pace e prosperità.