Rallegrarsi nella luce dell’amore di Dio

Rallegrarsi nella luce dell’amore di Dio

Marzo 19, 2023 Off Di Redazione

Domenica Laetare, tempo di gioia cui rallegrarsi in questa quarta domenica del cammino quaresimale. Il cammino nel deserto della tentazione ha confermato una prima fase di vittoria del bene sul male: un lungo sacrificio di combattimento verso la libertà e la verità: metafora di vita. Il viatico lungo il sentiero della prova si è aperto, così, in un cammino di ascesi in cui la natura umana è stata trasfigurata in luce e bellezza, confermando l’amore di Dio che dona gioia e pace.

«Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo.» (Mt 17, 5), è la testimonianza, in Gesù, dell’amore del Padre e la nostra luce di salvezza, che si fa spazio fra le tenebre opprimenti del peccato. L’esperienza d’amore viene tuttavia confermata nella “sete” della donna samaritana, in cui traspare quell’intimo desiderio di Dio verso i bisogni dell’uomo: un Padre, sempre perduto dietro all’uomo, che cerca instancabilmente il nostro cuore: «un Dio davvero sfortunato e infelice!» ebbe a scrivere padre David Maria Turoldo. La luce è presagio di vita, mistero che rafforza un sentimento di continuità, che non si arrende agli ostacoli, dando a ogni cosa un nome e una forma. Le tenebre annichiliscono, imprigionano, nascondono, coniugando al passato i verbi della vita che non c’è più. Questo tempo, spiritualmente forte, ci proietta verso la vita, abbandonando i luoghi oscuri dell’esistenza, le subdole apparenze come palliativi, l’artifizio contrapposto alla verità.

Le vicende degli ultimi giorni confermano la pesantezza di un tempo ostile sempre più avviluppato sull’odio e sul rancore. Prevalgono ripetute forme di scontro e di prevaricazione fomentate da un senso spudorato d’orgoglio per nulla incline alla mediazione. Le ultime vicende sul fronte di guerra, con il mandato di arresto della Corte Penale Internazionale dell’Aia nei confronti di Vladimir Putin, delineano uno scenario sempre più complicato e avverso. Ad ogni modo, non bisogna farsi vincere da questo stato di malessere o lasciarsi contaminare da una visione fatalistica; è necessario poter scorgere il bene disseminato nel mondo e adoperarsi fattivamente per essere costruttori di pace e di benessere.

«Non partecipate alle opere delle tenebre, che non danno frutto, ma piuttosto condannatele apertamente.» (Ef 5, 11), è l’accorato appello di san Paolo alla comunità di Efeso. La salvezza nasce dal contatto. «La carezza di libertà diventa carezza di gioia. Perché vedere è gioire: gustare la bellezza, i volti, i colori. La luce è come un tocco di allegria posata sulle cose». (Padre Ermes Ronchi, Le ragioni della speranza, commenti ai Vangeli domenicali, Anno A, Paoline). Bisogna lasciarsi aprire gli occhi, come fu per il cieco nato dell’episodio evangelico (cfr. Gv 9, 1-41). La mondanità, l’indifferenza e l’autoreferenzialità, troppe volte, ci rendono ciechi, anche se ci illudiamo di vedere. Bisogna scendere dai gradini della supponenza e vestirsi di umiltà per incontrare la luce di Cristo e, al tempo stesso, farsi luce per i fratelli, evitando di sprofondare nelle tenebre dell’inettitudine e della rassegnazione.

A volte si resta imbrigliati nella propria visione materiale e giustizialista, pensando che questo sia il criterio di valutazione e di azione del Signore. La visione di causa effetto è strettamente legata all’indole umana. «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?» (Gv 9, 2). Spesso anche noi, come i discepoli siamo portati a misurare le opere di Dio con il metro dell’umano moralismo che quantifica ogni cosa e condanna il peccato.

Dio non fa la conta dei peccati, ma rivela che l’amore è ciò che conta e che la misericordia è sorgente di luce nelle tenebre, per ripartire, ogni volta, con fiducia e speranza.

Mario Baldassarre