Salvati dalla Sua misericordia
Gennaio 12, 2025Si spengono, con gradualità, i riflettori sulle suggestive festività del Natale. “L’Epifania tutte le feste porta via”, ricorda la tradizionale proverbialità popolare. La spensieratezza, tipica di ogni tempo festivo, apre lo spazio alla normale routine quotidiana e alla necessità di organizzare con attenzione le fasi dell’anno in corso. Ogni inizio è sempre fatto di buoni propositi e positivi auspici.
La speranza e l’ottimismo sono condizioni indispensabili per organizzare un cammino ancora in divenire; la realtà, invece, facendo rilevare la giusta dimensione di ogni cosa, apre a nuovi e rinnovati spazi di riflessione, tuttavia, è sempre vero che “chi ben comincia è a metà dell’opera”. Trovare la cura ai mali ereditati dal passato è condizione indispensabile per evitarne la cronicizzazione. Gli scenari degli ultimi tempi, tuttavia, tendono ad obliare o a distogliere l’attenzione dalle situazioni pregiudizievoli che rallentano il buon cammino dell’umanità. Le cronache giornalistiche e i palinsesti televisivi focalizzano l’attenzione su tematiche rituali rasserenanti, per garantire un equilibrio psichico non appesantito da preoccupazioni.
«Ci siamo risvegliati dall’illusione che il destino dell’Occidente fosse di farsi mondo. Viviamo, invece, in un mondo scosso da forti tensioni, un mondo risentito e minaccioso» (58° Rapporto Censis). Il cambiamento climatico, le guerre e la questione dei migranti sono una chiara fotografia di una precaria, instabile e perdurante condizione, che rende la nostra società prigioniera di vecchi stereotipi, con la necessità di operare gesti concreti, sentendosi parte attiva di una comunità, in nome di un principio di fratellanza. Ciò che succede sui fronti di guerra, geograficamente ben lontani dalle nostre latitudini, in quest’ottica, sollecita le membra della comune umanità: «E se un membro soffre, tutte le membra soffrono; mentre se un membro è onorato, tutte le membra ne gioiscono insieme» (1Cor 12, 26). Questa visione potrà così far maturare orizzonti concreti e durevoli di pace, non discussioni demagogiche e aleatorie.
Il progresso scientifico e tecnologico ci ha abituati a soluzioni immediate, facendo così evaporare il tempo dell’attesa e il senso del sacrificio, così da garantire buone prestazioni nei rocamboleschi e affannosi ritmi quotidiani. La visione del fare, pur senza garantire la giusta ricompensa emotiva ed emozionale, quantifica e non qualifica il cammino dell’umanità, tant’è che “il troppo stroppia”. La fede cristiana potrà far superare la crisi di speranza di una società sempre più incerta, impaziente di cercare soluzioni, con senso di rassegnazione: senza fede la speranza è cosa vana. È lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità (1Gv 5, 5), ci ricorda l’apostolo Giovanni. E lo Spirito scese con le ali di colomba nella corrente del fiume Giordano, mentre il Battista battezzava Gesù.
«Egli ci ha salvati non per opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha effuso su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, salvatore nostro, affinché, giustificati per la sua grazia, diventassimo, nella speranza, eredi della vita eterna» (Tt 3, 5-7).
Il piano di salvezza di ognuno prende forma attraverso il rito del battesimo, seppur nell’inconsapevolezza, che potrà trovare conferma nella matura età. Fu quel dono gratuito, secondo la ritualità cristiana, ad accompagnare i miei primi vagiti a conferma dell’iscrizione nel Regno dei cieli, da lì il cammino nei meandri dell’umana fragilità si rinnova alla luce della misericordia, nella cristiana certezza di poter ricominciare, benedetti dall’amore del Padre.
In questo cammino la fede e la speranza prendono forma accompagnando con serenità i momenti più complicati della vita.