Verbum caro factum est. La luce del Natale al tempo del Covid-19
Dicembre 25, 2021È arrivato il Natale tanto atteso, oltre le soglie del tempo di Avvento. È giunto il dono aspettato dopo un anno difficile segnato dalle vicende della pandemia.
In questi giorni i crismi della felicità, gli angoli casalinghi addobbati da festoni e decori luccicanti sull’albero di Natale, i regali impacchettati con eleganza e gusto hanno ravvivato il clima casalingo. Un tempo gli ameni spazi poveri imbandivano a festa il clima degli affetti familiari: gioia fanciullesca che guadagnava ogni angolo del corpo e dello spirito. Il progresso tanto decantato, col tempo, ha cambiato gli scenari mutando il “perdono” in “dono”, facendo scomparire quel simbolo moltiplicatore di ogni cosa bella. L’”amore” ha ceduto il passo al “rancore”, la “pazienza” alla “tracotanza”, la “gioia” alla “noia” con un effetto domino travolgente che ha generato un’aridità morale e spirituale. La pandemia, in nome del contagio, ha aumentato la lontananza, impedito gli abbracci: sentimenti di “unione” trasformati in “divisione” e noi isole di un arcipelago in un’egoistica deriva. Quel tempo così magico di profonda suggestione va dissolvendosi dal momento in cui l’uomo ha fatto prevalere l’”Io” su “Dio”.
“Mo vene Natale nun tengo denare mi leggio ‘o giurnale e me vaco a cuccà”: quanta bellezza nelle parole intonate da Renato Carosone! Affrescano una suggestiva atmosfera di povertà evocando una soavità sopraffine.
«In coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse» (Is 9,1). In questo lungo tempo, la profezia di Isaia acquista un importante significato per l’umanità sulle cui vie accidentate si affaccia una luce impreziosita di fiducia e speranza. Nella notte di Natale Dio si fa bambino per essere accolto e amato con la tenerezza propria dei neonati. La grazia è la chiara espressione di un amore gratuito, lontano dalle logiche del dare e avere che contraddistinguono le apparenti e materiali vicende della natura umana. L’amore incondizionato rifugge il compromesso.
Gesù Bambino nasce sulle macerie di questo tempo e, come per i discepoli di Emmaus, ci accompagna lungo il cammino: bisogna aprire le porte del cuore per sentire quella presenza che allontana ogni paura, ogni senso di disperazione e smarrimento. La luce è l’elemento tangibile di questo Natale: ridona i colori ad un mondo per lungo tempo vissuto nel grigiore; ravviva i dettagli e la bellezza di ogni cosa. Le ferite, che hanno trafitto il corpo e lo spirito, come sosteneva don Tonino Bello, possono diventare feritoie “attraverso cui una luce nuova raggiunge noi e chi ci incontra”. L’augurio più bello deve farsi preghiera affinché ognuno possa essere invaso da una Luce di salvezza che dona pace e gioia ai cuori e quell’armonia di fratellanza per rivivere tutto l’anno la bellezza e la soavità del Santo Natale.
Mario Baldassarre